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Le origini

la chiesa, al centro del complesso abbazialeLa chiesetta di Santa Maria di Mili è una delle poche testimonianze della presenza normanna nella provincia di Messina (altri esempi si trovano soltanto a Itala e Casalvecchio sul versante ionico e, su quello tirrenico, a Frazzanò, sulle propaggini dei Nebrodi). Essa si ritiene fondata dal Gran Conte Ruggero negli anni precedenti il 1091, sulla base della parte preliminare di un diploma di fondazione, firmato appunto nel dicembre di quell’anno, in cui l’augusto personaggio, dopo aver accennato al proposito di costruire templi cristiani o di restituire ad essi l’antico decoro, esplicitamente dice di aver già fatto costruire la chiesa ed il monastero in questione:

Igitur cum hoc in animo proposuissem… in territorio civitatis (Messanae) templum Sanctae Mariae Virginis aedificavi in fluvio nominato Mili et praenominato Abati Michaeli conventum ordinavi.

Nella donazione è fatto il nome dell’abate Michele, che è indicato come il primo abate del monastero. È però documentata l’esistenza di un cenobio in Mili, probabilmente su un’area coincidente con l’attuale, già in epoca bizantina, cenobio che sarebbe stato abbandonato dai monaci durante il periodo della dominazione araba.

Ad abitare il monastero di Santa Maria di Mili sono sin dall’inizio monaci cattolici di rito greco, comunemente detti “basiliani”: greci d’Occidente, bizantini per lingua e cultura, come rimase la gran parte della popolazione locale fino ai primi secoli dell’alto Medioevo. I monaci trascorrevano le loro giornate tra i momenti di preghiera, i lavori agricoli nelle campagne circostanti e la copiatura di testi antichi.

Il complesso abbaziale

le cupoleAl complesso monastico, posto sulla riva sinistra del torrente Mili poco prima di arrivare, attraverso la strada provinciale 38, a Mili San Pietro, si accede attraverso una scalinata, che dalla strada porta al torrente Mili. Già da quest’ultima è possibile godere della vista dell’intero complesso abbaziale immerso nel verde degli agrumeti e con, sullo sfondo, la bassa vallata del Mili e le coste della vicina Calabria.

Alla fine della discesa, al visitatore si prospetta l’ingresso dell’abbazia, di epoca barocca: un arco sormontato dallo stemma dell’Ordine basiliano e da una finta balconata con tracce di vivace policromia, che si apre in un possente muro di cinta. Lo stemma presenta al centro una colonna infuocata, che si rifà ad un sogno avuto da S. Basilio. Il muro di cinta dell’abbazia è coronato da merlature di forma varia.

Oltrepassato l’arco d’ingresso, si apre il primo cortile interno dell’abbazia; sulla sinistra, separata da una serie di gradini, si presenta la chiesetta del monastero, mentre sulla destra si estende l’impianto monasteriale, che si presenta come frutto di numerose e radicali ricostruzioni: gli ambienti del piano terra erano adibiti alle attività lavorative dei suoi abitanti, come la produzione del vino e l’allevamento del baco da seta, mentre quelli al piano superiore costituivano le celle dei monaci.

La chiesa: interno

la facciata con il portale d'ingresso cinquecentescoL’interno, coperto da un soffitto ligneo ad orditura apparente, è di una desolata nudità: sull’unica navata si aprono le tre arcate, leggermente acute, che motivano il breve presbiterio e, di queste arcate, quella centrale, formante l’arco trionfale, imposta su robusti pilastri; quelle laterali, più corte e più strette, per un lato impostano sullo stesso pilastro e per l’altro sui muri delle rispettive fiancate. Concludono le arcate tre absidi di cui soltanto quella centrale emerge all’esterno con il suo profilo semicircolare, mentre le due laterali restano incluse, a guisa di nicchiette strette ed alte, entro lo stesso spessore del muro. Degli archetti aggettanti, impostati sugli angoli tra l’arco trionfale e il muro dell’abside e i due archi laterali, sostengono, in una scenografia comune alle altre chiese basiliane del periodo, la cupola maggiore e le due cupolette minori, su cui si aprono delle finestrelle ad arco allo scopo di dare luce al presbiterio. Questa concezione della cupola mostra già chiari segni di un gusto che è più vicino a quello arabo, tipico dell’architettura islamica specie del territorio nordafricano.

Su di una trave del soffitto si legge la data MCCCCCXI: Nel 1511 la chiesa ha subito un prolungamento della navata, come si può tuttora rilevare dal distacco esistente nella muratura interna ed esterna; pertanto la facciata appartiene a quest’epoca, quando probabilmente il soffitto ha anche subito una sopraelevazione, per cui la copertura a tegole all’esterno, emergendo con maggiore accentuazione, altera un po’ la proporzione dei volumi.

La navata presenta un’apertura sul pavimento per la quale, attraverso una scalinata, si accede ad una cripta sotterranea. Essa si compone di due piccole stanze nelle cui pareti sono situate delle piccole nicchie: in esse venivano lasciati i monaci, defunti, ad essiccare. Le suddette nicchie, dodici in tutto, sono collegate da un sistema particolare che permette il confluire dei liquidi organici all’interno di due piccole vasche, dalle quali vengono assorbiti dal terreno.

La chiesa: esterno

il tipico motivo ad archi incrociati sulla facciata sudLe proporzioni della chiesetta di Mili sono molto modeste, tanto che, come si è detto, nel corso del cinquecento l’unica navata venne prolungata di circa un terzo e la traccia è chiaramente visibile nella profonda “ferita” nel muro delle facciate laterali.

La facciata esterna presenta un coronamento in stile barocco con due pinnacoli ai lati e un prezioso portone cinquecentesco in legno incorniciato da un portale marmoreo coevo con al centro un tondo incassato con mediorilievo raffigurante la Madonna col Bambino.

Il lato meridionale della chiesa presenta nella parte superiore una serie di finestre, alternativamente cieche e aperte a rincassi mentre la parte inferiore è delineata da una fascia di archetti intrecciati in laterizi originati da lesene e con, al centro, una porta.

Questo lato presenta la drastica interruzione, dalla parte tangente con la facciata della chiesa, dovuta all’ampliamento avvenuto nel 1500; un’altra interruzione è dovuta ad un edificio posteriore, appartenente al complesso monastico, che si addossa sulla fiancata della chiesa.
Nella parte inferiore delle fiancate il partito decorativo è formato da archi originati da lesene che in alto si incrociano, così come nella chiesa di San Pietro di Itala e dei Santi Pietro e Paolo d’Agrò e in altre della Calabria.

Nel secondo cortile del convento spicca l’abside centrale, decorata da archetti pensili ed appaiati nascenti da lesene, motivo questo dell’architettura protoromanica.

Le absidi delle chiese di rito bizantino, considerata la funzione sacra a cui sono adibite, secondo le disposizioni della teologia orientale devono essere rivolte sempre verso Est, il punto dove sorge il sole, sinonimo della luce divina. Caratteristico è il fatto che il sole nel suo percorso, dall’alba al tramonto, illumina la chiesa in ogni suo lato. I primi raggi (la primizia della luce) sono riservati all’abside e alle cupole, zona culmine della sacralità dell’edificio ecclesiale, continua poi con il lato meridionale, segue la facciata frontale; infine, verso il tramonto, viene illuminato il lato settentrionale.

Dl'absideallo stesso cortile posteriore del monastero si possono scorgere le cupole emisferiche della chiesa, di diverse dimensioni, che emergono su tamburi ottagonali: come si è detto, tali strutture sono utilizzate nell’architettura araba coeva del Maghreb per sottolineare la sacralità dell’edificio su cui svettano.

Il lato settentrionale della chiesa è visibile o dalla strada comunale oppure da una porta all’interno della chiesa che si apre su questo lato, situata sulla sinistra del transetto e che conduceva a quella che era la sacrestia della chiesa, dove si trovano ancora un lavamani in pietra incassato nel muro e le aperture sul pavimento delle catacombe, in cui, tra gli altri, venne sepolto il figlio del Conte Ruggero, Giordano, morto nel 1092. Esso presenta la stessa costituzione del lato meridionale, con le decorazioni ad archi originate da lesene che in alto si incrociano nella parte inferiore, in quella sovrastante la serie di finestre alternativamente cieche e aperte a rincassi. In fondo alla sacrestia, sull’ultimo ambiente, doveva elevarsi la torre del monastero, che doveva sia da torre campanaria che da punto di avvistamento dei transiti nella vallata: la chiesa di Mili, così come tutte quelle basiliane, sorgeva in un punto altamente strategico e di controllo sulla via che, percorrendo il torrente Mili fino alle sue sorgenti e scavalcando il crinale dei monti Peloritani, scendeva sul versante tirrenico verso Rometta, dove l’accesso era regolato dalle fortificazioni della piccola ma ben difesa cittadina.

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